L’idea è nata in un battito d’ali.
Una giovane entra alla libreria L’ALTRACITTA’, si guarda intorno,
sbircia qualche libro, pare gradire l’intero spazio finché i suoi occhi sono
irrimediabilmente attratti dal vecchio pianoforte verticale RUMON, di inizio
novecento, che troneggia all’ingresso: tanto legno e feltro per un suono denso,
malconcio ma ancora vivo e voglioso di regalare le sue note
Non è un pianoforte perfetto. Lo si capisce subito.
Il grande artigiano/artista di
via Arezzo, il signor Giovanni Fabbri, ogni tanto deve pazientemente intervenire con piccole operazioni di
rianimazione del suono, riassettarlo, tonificarlo con una serie di tocchi e
ritocchi. Ma la giovane sente lo stesso il desiderio di sfiorare qualche tasto,
fraseggiare qualche melodia, accennare a qualche progressione armonica. E il
suono le piace così com’è.
Poi scopri che quella giovane è una pianista, si chiama STEFANIA
SURACE, ha avuto un percorso musicale particolare e discontinuo: fino all’adolescenza,
disciplinata, studiosa, pianista con il dovuto bagaglio di scale, modulazioni,
solfeggio, armonia e contrappunto. Poi, l’improvviso e COMPLETO abbandono della
sua arte, “deviato” da aspettative più terrene e “concrete” (laurea in scienze
politiche alla LUISS e una serie di master di specializzazione) e quindi, all’età
di 27 anni, il prepotente ritorno del sacro fuoco musicale che la fa tornare
all’antica vocazione e a ispirarle la composizione di nuove musiche.
Stefania Surace, infatti, ha da poco pubblicato un cd (grazie al
finanziamento “dal basso” denominato crowfunding) dal titolo FATAMORGANA (il
fenomeno ottico Fata Morgana che si verifica nello stretto tra Messina e Reggio
Calabria) che raccoglie le sue preziose composizioni musicali, dei veri e
propri gioielli pianistici.
E così scatta subito l’accordo: Stefania vuole suonare quel vecchio
piano che sa tanto di familiare, di piccolo appartamento, di prime lezioni apprese.
Lo vuole fare per il quartiere, un’occasione per creare un angolo intimo e
informale di ascolto.
E ieri, finalmente, il rito pattuito è avvenuto.
La splendida giornata di sole aveva fatto temere qualche defaillance
di pubblico e invece, gradatamente, la libreria L’ALTRACITTA’ si riempita in
ogni ordine di posti. Stefania Surace ha
affascinato l’audience con la forza dei brani da lei composti: atmosfere rarefatte,
melodie che catturano immediatamente l’animo. La sua tecnica compositiva è
fatta di sottili tessiture melodiche che si intrecciano, a volte si dilatano,
come una sorta di quadro che si compone e si disfà poco dopo. La struttura dei
suoi pezzi risente (positivamente) della
componente emotiva e visionaria della narrazione e nello stesso tempo è
razionale perché ogni racconto musicale ha dei tempi e dei luoghi che devono
incastrarsi con rigore e meticolosità. I pezzi sono brevi, suggestivi. Le melodie
piene d’incanto e stupore. Stefania Surace, nell’occasione, presenta anche dei
brani inediti che faranno parte di un poema sonoro ispirato da alcune favole. La
serata, insomma, scorre piacevole, quasi amichevole, si sta intorno al vecchio
piano e Stefania si scusa di dover volger le spalle al pubblico per suonare. E
il vecchio piano RUMON accoglie benevolmente le dita affusolate e virtuose di
Stefania, il suo sensibile tocco, le linee melodiche accattivanti che il suo
estro creativo produce. Applausi su applausi, strette di mano e abbracci,
Stefania si congeda con due bis e nelle orecchie di tutti, a serata conclusa,
echeggia ancora il suono e la melodia dell’apparizione della fata morgana, la
sua luce, la sua visionaria poeticità.
S.F.
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